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La relazione finale del Docente è un documento che annualmente ogni docente deve stilare e in cui vengono dichiarate tutte le azioni educative e didattiche effettuate durante l'anno.. Essa si configura come un documento di sintesi di quanto svolto nella propria disciplina nelle varie classi, prendendo come riferimento il piano di lavoro iniziale.
La relazione finale è fondamentalmente incentratata sulle azioni intraprese all'interno della classe, sugli obiettivi generali conseguiti e sugli obiettivi disciplinari, così come da documenti elaborati in sede di Dipartimento Disciplinare.
Quali sezioni devono essere incluse in una relazione finale del Docente?
Il documento deve contenere, come prima informazione, l'analisi della situazione finale della classe. In questa fase quindi, oltre alla descrizione del numero degli alunni, della eventuale provenienza e di particolari informazioni sulla classe che derivano dal percorso pregresso, bisogna soffermarsi:
- sull'evoluzione della classe,
- sui comportamenti abituali (assiduità della frequenza delle lezioni, puntualità, rispetto dei regolamenti, ordine e pertinenza degli interventi durante le lezioni, ...)
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Nel processo di verifica degli apprendimenti è necessario ridurre al minimo le variabili valutative legate alla soggettività del docente, utilizzando dei criteri che siano molto chiari e facilmente interpretabili da tutti, soprattutto dagli studenti stessi.
L’autovalutazione è una fase importante per lo studente, in quanto diventa consapevole della propria prestazione e riceve tutte le informazioni necessarie per migliorare il proprio metodo di studio.
Quando si costruisce una prova di verifica oggettiva vi sono due momenti importanti che il docente è tenuto a considerare:
- il momento dell’attribuzione dei punteggi,
- il momento della traduzione dei punteggi in voti.
Strutturata la prova oggettiva, il docente deve attribuire dei punteggi ai vari item, tenendo della tipologia della prova che si intende somministrare e del criterio di correzione che si intende adottare.
Essendo la scuola un luogo di formazione, nel processo di correzione sarebbe bene evitare l’uso delle penalizzazioni degli errori commessi dagli studenti, piuttosto è più opportuno che essi provino a esprimere le risposte ai quesiti richiesti. Uno studente che tenta di rispondere in maniera casuale a tutte le domande di un test senza penalizzazioni, non raggiungerà in modo agevole un voto sufficiente.
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La programmazione educativo-didattica del consiglio di classe è un documento che annualmente il Consiglio di Classe è tenuto a stilare e in cui vengono dichiarate tutte le azioni che intende intraprendere con la propria classe. Essa ha l'obiettivo di adattare tutte le indicazioni contenute nel P.O.F. dell'Istituto alla classe in questione, facendo riferimento anche a quanto stabilito nei vari Dipartimenti Disciplinari.
Tale programmazione deve sempre essere coerente con gli obiettivi dichiarati nel Piano dell'Offerta Formativa dell'Istituzione Scolastica e deve far sempre riferimento ai profili in uscita presenti nei documenti emanati dal Ministero dell'Istruzione.
In linea teorica, i traguardi formativi per gli studenti di ciascun indirizzo in cui si opera, sono già stati elaborati dalle varie commissioni P.O.F. che, partendo dalle Indicazioni Nazionali, hanno avuto cura di contestualizzarle nella realtà territoriale in cui opera l'istituzione scolastica. Infatti, all'interno delle Indicazioni Nazionali sono delineati:
- il profilo culturale e professionale dello studente (PECUP);
- i risultati di apprendimento comuni ai vari percorsi, suddivisi nelle aree metodologica, logico-argomentativa, linguistica e comunicativa, storico-umanistica, scientifica matematica e tecnologica;
- i risultati di apprendimento specifici del percorso frequentato dallo studente.
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Con l’espressione “dipartimenti disciplinari” si intendono quelle articolazioni del Collegio dei Docenti di una Istituzione Scolastica formate dai docenti che appartengono alla stessa disciplina o alla medesima area disciplinare, preposti per prendere decisioni comuni su determinati aspetti importanti della didattica.
L'istituzione del dipartimento è prevista dal D.L.vo n.297/1994 Testo unico, che all'art. 7 recita: "Il collegio dei docenti si articola in dipartimenti disciplinari e interdisciplinari e in organi di programmazione didattico-educativa e di valutazione degli alunni".
Ciascuna Istituzione Scolastica, generalmente, individua il numero di Dipartimenti Disciplinari da attivare, utilizzando dei criteri che possono essere:
- istituzione di un dipartimento per ogni materia o per materie affini (Dipartimento di Matematica e Fisica, Dipartimento di Lettere, Dipartimento di Scienze);
- istituzione di un dipartimento per ogni area disciplinare (Dipartimento dell’area letteraria; Dipartimento dell’area logico-matematica, etc.)
In sede di dipartimento disciplinare, i docenti sono chiamati a:
- concordare scelte comuni inerenti al valore formativo e didattico-metodologico,
- programmare le attività di formazione/aggiornamento in servizio,
- comunicare ai colleghi le iniziative che vengono proposte dagli enti esterni e associazioni,
- programmare le attività extracurricolari e le varie uscite didattiche.
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Il processo di valutazione è uno tra i doveri più delicati a cui un docente deve ottemperare e con cui si confronta costantemente durante le proprie attività didattiche. A volte, per varie ragioni, si valuta in maniera più o meno imprecisa, non curandosi del fatto che questa fase è di grande delicatezza e può generare nello studente un fortissimo malcontento, con conseguenze di una certa rilevanza nel suo rendimento futuro.
Il docente, in quanto essere umano, nel processo di valutazione, che deve essere molto attento e il più puntuale e meditato possibile, utilizza le proprie abilità cognitive per stabilire quali siano le decisioni più importanti e proficue da prendere in un dato contesto o quale sia la valutazione più idonea da attribuire alla prestazione di uno studente.
Per quanto cerchi di essere il più obiettivo possibile, il docente rimane comunque un essere umano e quindi soggetto che risente delle influenze derivanti dalla precedente esperienza personale, dal contesto culturale in cui opera, dalle proprie credenze, dal giudizio altrui e, non ultimo, dalla paura di prendere decisioni che possano causare danni irreparabili e non.
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Nel 1969 Neil Postman e Charles Weingartner pubblicarono il libro L’insegnamento come attività sovversiva.
In esso è presente un colloquio immaginario tra il dottor Gillupsie e il dottor Carstairs in cui vengono messe in parallelo l’attività del medico e quella del docente. Infatti, la penicillina rappresenta le continue spiegazioni che i docenti forniscono agli studenti, mentre i cattivi pazienti sono quegli studenti con i quali non c’è nulla da fare perché non vogliono capire.
Spesso, anche dopo aver condotto una lezione a nostro avviso efficace, solamente i ragazzi “più bravi” traggono vantaggio da quanto abbiamo fatto. Allora si presenta la cosiddetta antinomia dell’insegnante, ovvero la contraddizione in cui si cade quando si riesce ad insegnare solamente agli allievi che imparerebbero a prescindere dal docente, magari leggendo in modo autonomo un testo, ma non si riesce a far presa sugli alunni che necessitano in modo vivo della presenza del docente.
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